Mimma Forlani ricostruisce la mappa del comune sentire, pensare, parlare di un paese rurale negli anni 1958/59. Un momento importante per la civiltà contadina che, rimasta quasi immutata dai tempi di Virgilio, inizia a morire negli anni Sessanta quando i contadini abbandonano i campi per la fabbrica. Per raccontare luoghi e persone ormai scomparsi, Forlani inventa una lingua che rievoca le sonorità della sua infanzia e ritorna al dialetto, all’italiano popolare-lombardo, senza escludere il latino dei riti della Chiesa pre-conciliare e la lingua colta degli studi successivi. Con un gesto d’affetto e di memoria, fa così rivivere la koiné di un piccolo borgo agricolo nel quale il dato realistico non esclude il gioco dell’invenzione e lo slancio lirico sottolineato da frammenti poetici. Si narra un duplice commiato: quello dell’autrice dal mondo contadino e quello di un popolo dalla propria vita. La vita faticosa e povera dei contadini sembra essere stata più appagante della nostra.
Mimma Forlani, giornalista pubblicista, si è occupata e si occupa di cultura e storia locale. Ha pubblicato numerosi libri e saggi dedicati a uomini illustri della bergamasca. Da molti anni si dedica con passione e da protagonista ad attività culturali e organizza rassegne letterarie a Bergamo e provincia. Ha pubblicato Il paese delle aie. Storia della perduta civiltà contadina (Carta canta 2024).
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